L’Osservatore Romano elogia i giovani in piazza per Gaza: antidoto all’indifferenza e segnale di speranza

A farmi riflettere è come questi giovani, riversandosi pacificamente in piazze e strade, abbiano tentato di prendere sul serio un bisogno di giustizia e di pace che sentono proprio.

L’Osservatore Romano elogia i giovani in piazza per Gaza: antidoto all’indifferenza e segnale di speranza
Manifestazione per Gaza
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

26 Settembre 2025 - 13.30


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Leggere i fatti, si dice, è affare complesso. Ma che a chiederci di leggere, guardare i giovani che si sono visti in piazza in 60 città italiane in occasione dello sciopero generale indetto per Gaza dall’Unione Sindacale di Base sia quasi in esclusiva il giornale stampato in vaticano, l’Osservatore Romano, potrebbe stupire. Certo, anche l’Osservatore prende le mosse dalla condanna dei violenti, ma affida un commento ad Elia Carrai che scrive: “Al netto della chiara condanna dei gruppuscoli di violenti, ciò su cui vale la pena soffermarsi è, piuttosto, la grande massa di liceali e ragazzi, che si è riservata nelle strade per chiedere che cessi la carneficina a Gaza. Non mi interessa il grado di consapevolezza che li ha animati, né mi interessa pensare in termini utilitaristici il loro protestare.

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A farmi riflettere è come questi giovani, riversandosi pacificamente in piazze e strade, abbiano tentato di prendere sul serio un bisogno di giustizia e di pace che sentono proprio. Infatti, come scriveva Charles Péguy, “c’è qualcosa di peggio dell’avere un’anima addirittura perversa. E’ avere un’anima abituata.”

Allora, piuttosto che ridurre tutto questo sommovimento all’orizzonte di una dialettica politico-ideologica, piuttosto che perder tempo a sottolineare quanto già sappiamo circa la non efficacia “concreta” di queste manifestazioni di piazza, piuttosto che focalizzarci esclusivamente sui limitati casi di stupida quanto inulte violenza, mi domando se non sia forse decisivo, invece, lasciarci provocare dal fatto che questi ragazzi e ragazze, davanti alle immagini dello straziante stillicidio in Palestina che li raggiungono sui social, non siano indifferenti. […]   Mentre “l’ora è infelice” tutto sembrerebbe decisivo e cruciale, tranne che il dare credito a questa voce, eppure solamente chi è disposto a patire fino in fondo questo grido, questa domanda di pace e di bene in tutta la sua ampiezza, potrà intercettare cosa è veramente all’altezza della sua vita.

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Accorgercene potrebbe essere d’aiuto a liberarci dai cliché meschini con cui si parla delle giovani generazioni, svelando piuttosto la vera questione: -noi adulti siamo disposti a guardare veramente e a fare i conti con il desiderio di giustizia e di bene che vivono questi ragazzi? La domanda è scomoda perché ne implica un’altra: -cosa rende possibile, a ciascuno di noi, prendere sempre più seriamente in carico questi desideri e queste urgenze, che sono come la stoffa della nostra umanità? 

La questione è decisiva, perché l’alternativa è, in definitiva, solo una: abbandonarsi al dilagante scetticismo, confidando, incofessatamente, che l’anima si abitui a tutto.” 

Questo articolo colpisce soprattutto per la parola “indifferenza”. E’ questa indifferenza  che ha messo in crisi il sistema, la conquista del sistema liberale che abbiamo da anni? Se il sistema liberale si riduce a individualismo e “l’io diventa sovrano” poi si scoprirà anche orfano e se si adatta a questa condizione poi può facilmente scivolare nell’indifferenza.

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Ecco allora che la citazione di un gigante del pensiero cattolico, Charles Peguy, può essere letta come una ciambella di salvataggio per il liberalismo, che restando tale ha bisogno però di un’anima: “non abituarsi”… Questa ciambella non può essere imposta, scritta nei documenti, un’anima non è un diktat, piuttosto va tutelata, o ricostruita, dalla nostra consapevolezza che serve e quindi dalle nostre scelte, dalle nostre azioni quotidiane. Se il meccanismo riparte dai giovani, dalla loro intenzione di essere comunque coinvolti dal desiderio di pace e giustizia, forse si può sperare che la ruota sociale abbia preso a girare in un altro senso, a riscoprire l’urgenza di testimoniare il bisogna di avere una stoffa umana.

Il meccanismo infatti potrebbe estendersi alla nostra realtà sociale, al quotidiano. E’ per questo che l’articolo dell’Osservatore Romano merita attenzione e di essere oggetto di un accorto “discernimento” da parte di tutti. Dall’altra parte infatti c’è il post-liberalismo, che ritiene il liberalismo fallito e propone di dargli un’anima nazional-religiosa, imponendo un patriottismo religioso che si manifesti anche nelle leggi, nella cultura nazionale “chiusa”. 

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