Leone XIV sollecita pace in Libano mentre Beirut e Israele affidano ai civili la guida del meccanismo di tregua

Il Presidente Joseph Aoun nelle settimane trascorse ha più volte dichiarato che avrebbe aggregato dei civili al “meccanismo” di monitoraggio della tregua, per renderlo non solo militare,

Leone XIV sollecita pace in Libano mentre Beirut e Israele affidano ai civili la guida del meccanismo di tregua
Papa Leone XIV
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

4 Dicembre 2025 - 18.16


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 Il  viaggio di Leone XIV si era concluso da poche ore quando il Presidente del Libano, l’ex generale Joseph Aoun, ha fatto sapere che l’ex ambasciatore degli Stati Uniti, Simon Karam, avrebbe guidato la delegazione libanese ai “meccanismo” di verifica della tregua raggiunta con Israele. Lui, già ambasciatore a Washington nel 1990 ma dimessosi nel 1993 perché non ci stava a eseguire “gli ordini” dell’ambasciatore siriano è l’uomo del giorno a Beirut, per tutti. Per parte israeliana è stato designato Uri Resnick, esperto di diritto internazionale, del Consiglio nazionale di Sicurezza. Non sono due militari dunque è una novità senza precedenti da quarant’anni a questa parte. E sembra che altri civili di designazione governativa seguiranno nei prossimi giorni. Bisogna spiegare bene cosa ciò significhi tecnicamente per il Libano e il Medio Oriente e perché sia oggettivamente un fatto di assoluto rilievo. 

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Quando Israele e Libano hanno sottoscritto il  cessate fuoco, un anno fa, dopo la lunga campagna di bombardamenti contro Hezbollah nel sud del Libano, a Beirut sud e  nella valle della Bekaa, venne istituito un meccanismo di verifica del rispetto della tregua al quale partecipano militari israeliani, libanesi, statunitensi, francesi e dell’Unifil. La vita del “rispetto” è durata poco, come è noto: Hezbollah non ha consegnato tutte le sue armi, come convenuto, prima a sud del fiume Litani e poi nel resto del Paese, Israele non ha rispettato l’impegno a sospendere i raid e a ritirarsi da tutti i territori libanesi, come convenuto. Ovviamente Hezbollah, che aveva accettato i termini del cessate il fuoco, ha da parte sua sostenuto che non lo faceva perché Israele non si ritirava da tutto il Libano. 

Col passare dei mesi la situazione è peggiorata, il “meccanismo” si riuniva raramente e  poi le voci non di disarmo ma di riarmo di Hezbollah  si sono fatte sempre più insistenti. Recentemente l’esercito siriano ha sequestrato dei carichi di armi diretti alla milizia libanese e proprio nelle ore passate ha reso noto di aver intercettato un carico di mine terrestri dirette a Hezbollah. 

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Il Presidente Joseph Aoun nelle settimane trascorse ha più volte dichiarato che avrebbe aggregato dei civili al “meccanismo” di monitoraggio della tregua, per renderlo non solo militare, auspicando espressamente di giungere a un negoziato con Israele teso a disarmare Hezbollah e ottenere la piena sovranità su tutto il territorio libanese. Hezbollah ha dichiarato subito la sua contrarietà a questo sviluppo, asserendo che “non si tratta con il nemico”. Nei giorni della visita del papa un suo esponente, stando a siti libanesi, ha affermato che “è meglio l’occupazione che la resa”. Il Presidente ha seguitato a rilanciare la sua idea di negoziare, ma non ha mai compiuto i passi conseguenti per il comprensibile timore che  il braccio armato di Hezbollah potesse innnescare un qualcosa di estremamente pericoloso, non sono mancati riferimenti al timore di una nuova guerra civile. Le notizie sulle confische siriane di armi dirette ad Hezbollah hanno dimostrato che lo sforzo dell’esercito libanese di confisca delle armi, avviato da mesi e che procederebbe a rilento per la mutata posizione di Hezbollah, non poteva bastare e il rischio di una nuova azione militare israeliana si è fatto sempre più incombente. Così la tensione è aumentata: i giorni della visita del papa sono stati presentati su alcuni giornali come “la quiete prima della tempesta”.

Dunque la delegazione libanese al “meccanismo” non si allarga a un civile non militare, ma viene guidata da un non militare. E analoga decisione è stata assunta da Israele, anche questo un fatto non scontato: Karam e Resnick  hanno già partecipato ai lavori del “meccanismo” nella giornata del 3 dicembre, i colloqui sono stati definiti positivi e si è deciso di procedere, secondo notizie ufficiose diffuse si è deciso di aggregare altri funzionari pubblici, non militari.  

Il primo ministro libanese ha precisato poco dopo l’annuncio presidenziale che non siamo a un “negoziato di pace” e che la decisione presa comunque ha il sostegno popolare.   La prudenza  è d’obbligo,  l’intenzione del presidente Aoun ha trovato per la prima volta un riscontro che sembra allontanare -almeno nell’immediato- le nubi. Il cammino è ancora lungo, ma qualcosa si è mosso, e pochi ci avrebbero scommesso.   Da Israele si era sostenuto che per sciogliere i nodi  serviva un negoziato di pace.  

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Alcuni in Libano scrivono che ora la rotta è tracciata: il Libano intende unirsi ai patti di Abramo, e lo fanno sottolineando che il Presidente Aoun ha parlato di riconciliazione tra i figli di Abramo salutando Leone XIV. Siamo però nel campo delle plausibili letture delle intenzioni. Non opinioni ma fatti sono quelli citati  nel comunicato ufficiale della presidenza libanese: vi si ringraziano gli Stati Uniti, che probabilmente hanno aiutato a rendere possibile questa soluzione intermedia, ma soprattutto si sottolinea che la decisione è stata presa dal Presidente di concerto con il Capo del Governo e con il Presidente del Parlamento: e proprio qui c’è la novità più importante, visto che il Presidente del Parlamento è l’eterno alleato di Hezbollah, il capo dell’altro partito sciita, che negli ultimi tempi avrebbe mostrato però segni di insofferenza per la rigidità delle posizioni dell’alleato.

Di certo si può dire che per il Libano  è arrivata una boccata d’ossigeno per molti inattesa, e che questo abbia quasi coinciso con la visita di Leone XIV  e con le parole che ha pronunciato prima di salire a bordo del volo che lo ha ricondotto a Roma: “ A tutti il mio abbraccio e il mio augurio di pace. E anche un accorato appello: cessino gli attacchi e le ostilità. Nessuno creda più che la lotta armata porti qualche beneficio. Le armi uccidono, la trattativa, la mediazione e il dialogo edificano. Scegliamo tutti la pace come via, non soltanto come meta!” 

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