Equazioni siriane

Nuova sanguinosa repressione; dure critiche al governo di al-Assad

Equazioni siriane
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7 Settembre 2011 - 09.54


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di Carlotta Caldonazzo

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Sono almeno 57 i civili uccisi domenica dall’esercito siriano a Deir al-Zor, Houleh e Idilib. Il presidente Bachar al-Assad difende le operazioni militari “contro i fuorilegge”, mentre un comunicato del ministero degli Eesteri esprime costernazione nei confronti dell’invito del Consiglio di cooperazione del Golfo a porre fine alle violenze e ad avviare un processo di riforme. Nuova giornata di proteste contro il regime di al-Assad, che continua a rispondere alle manifestazioni a colpi di artiglieria.

Dopo il massacro di Hama, circa 250 tra carri armati e blindati dell’esercito di Damasco hanno fatto irruzione ieri nella città di Deir al-Zor, nell’Ovest del paese. Nove i quartieri teatro dell’offensiva, distrutte le barricate erette dagli abitanti per fronteggiare eventuali attacchi e il bilancio della repressione è di almeno 42 civili uccisi. A riferirlo è stato il presidente della Lega siriana per i diritti umani Abdel Karim Rihaoui, che ha parlato inoltre di almeno 10 persone morte nelle operazioni militari a Houlé, nella provincia di Homs (Siria centrale), cui hanno preso parte circa 25 carri armati e camionette dell’esercito.

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Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani infine, a Idleb (Siria Nord-occidentale) le truppe di Damasco hanno sparato sul corteo funebre di uno dei due manifestanti morti sabato sera, uccidendo almeno due persone. La TV di stato da parte sua ha prontamente smentito l’entrata dei carri armati a Deir al-Zor, precisando che “alcune divisioni dell’esercito hanno smantellato posti di blocco costruiti dai gruppi terroristici all’entrata della città”. A corroborare queste affermazioni sono state trasmesse immagini di “una grande quantità di armi e munizioni”, sequestrate in un camion intercettato nella provincia di Homs vicino al confine con il Libano. La stessa linea adottata dal presidente siriano che, a colloquio con il ministro degli esteri libanese Adnane Mansour, ha definito un “dovere dello stato agire contro i fuorilegge” attribuendo ancora una volta la responsabilità delle violenze a “gruppi di terroristi” che “interrompono le strade, chiudono l’accesso alle città e terrorizzano la popolazione”. Secondo l’agenzia stampa ufficiale Sana al-Assad ha assicurato inoltre che “il paese procede sulla via delle riforme”, annunciando elezioni “libere e trasparenti” entro la fine dell’anno.

Il ministro Mansour ha risposto esprimendo la sua opposizione a un eventuale intervento esterno nelle questioni siriane, dal momento che “la stabilità libanese dipende da quella siriana”.

Tuttavia il regime di Damasco è sempre più isolato sul piano internazionale e ieri un comunicato del ministero degli esteri ha espresso “costernazione” di fronte alle parole del Consiglio di Cooperazione del Golfo. Quest’ultimo aveva manifestato “estrema preoccupazione e forte dispiacere” per l’uso della violenza da parte del governo siriano, invitando quest’ultimo a “fermare immediatamente lo spargimento di sangue e avviare le riforme necessarie”. Contro la violenza e la repressione e a fianco del popolo siriano si è schierato ieri anche il re saudita Abdullah Bin Abdulaziz, che contestualmente ha annunciato che richiamerà il proprio ambasciatore da Damasco. Inoltre il consigliere del governo siriano per gli affari politici e mediatici Bathina Shaaban ha criticato ieri la posizione turca aggiungendo che il ministro degli esteri di Ankara alla prossima visita in Siria ascolterà parole “ancora più determinate”.

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Il riferimento è all’invito che il 1 agosto il ministero degli esteri Ahmet Davatoglu ha rivolto al regime siriano perché metta fine alla repressione e trovi una soluzione pacifica attraverso il dialogo con l’opposizione. Il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan inoltre aveva annunciato che “la pazienza” del suo paese nei riguardi del comportamento di al-Assad era “finita” e che il suo paese “non può restare a guardare” la violenta repressione dei movimenti di protesta. A cinque giorni dal suo ritorno in Siria l’ambasciatore statunitense Robert Ford ha accusato la TV di stato di Damasco di non riportare la verità sulla repressione in corso e ha promesso pertanto di continuare a spostarsi nelle diverse zone del paese per testimoniare quanto sta accadendo. Durante l’Angelus di ieri il papa Benedetto XVI ha lanciato un appello alle autorità siriane perché “rispondano in modo adeguato alle aspirazioni legittime dei cittadini” e “ristabiliscano al più presto la convivenza pacifica”.

Al coro di critiche contro il regime siriano si è aggiunta venerdì scorso anche la voce della Lega algerina per la difesa dei diritti umani. Durante un incontro-dibattito sulle rivolte arabe, l’organizzazione ha invitato il governo di Algeri a ritirare il proprio ambasciatore da Damasco. Giovedì scorso anche il presidente russo Dimitry Medvedev aveva invitato al-Assad a lavorare su riforme vere e a dialogare con gli oppositori, ammonendo che in caso contrario rischierebbe “un triste destino”. Al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite Mosca, contraria all’ingerenza occidentale nel mondo arabo, finora si è sempre opposta all’ipotesi di una risoluzione contro il governo siriano, così come ha espresso dure critiche all’intervento Nato in Libia, definendolo contrario alla risoluzione 1973 (al momento del voto il suo rappresentante diplomatico si era astenuto).

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