Un penitenziario di nome Iran

Detenuti da anni senza ragioni plausibili, il regista Panahi e l'avvocatessa Sotoudeh non possono essere visitati dalla delegazione del Parlamento Europeo. Ecco perché.

Un penitenziario di nome Iran
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4 Novembre 2012 - 17.49


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di Ali Izadi

Una delegazione del Parlamento Europeo che voleva recarsi in Iran per incontrare due dei tanti “detenuti inspiegabili”, il regista Jafar Panahi e Nasrin Sotoudeh, avvocatessa e attivista per i diritti umani, è stata costretta a restarne a casa semplicemente perché l’autorità iraniana non l’ho permesso: “nessuno può intromettersi negli affari interni iraniani”, ha sentenziato senza grande originalità Sadegh Larijani, dall’alto della sua influenza sempre più forte e del suo stile sempre più brezneviano, come si confà a chi sale nella nomenklatura dell’Iran di Khamenei.

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E’ evidente che a un regime così feroce nei confronti dei suoi “sudditi” non resta che la sacralizzazione del principio della non ingerenza esterna.
Larijani suona, ma la musica è sempre la stessa, “la non ingerenza”, ossessivamente invocata da più di trent’anni, da quando il regime ha avviato le esecuzioni capitali in nome di Allah e della giustizia “islamica”, prima contro i sostenitori dello scia Pahlavi e poi contro le formazioni rivoluzionarie ma non da esso controllate, cioè le forze democratiche e di sinistra, per arrivare infine ai suoi stessi ex simpatizzanti. E’ questo il motivo del diniego alla visita ai due “detenuti inspiegabili”: il mattatoio di Evin, il penitenziario degli orrori, deve rimanere chiuso!

Nasrin Sotoudeh da 2 anni è in galera senza un plausibile motivo, esercitando la professione che esercita non poteva certo sottrarsi alla richiesta di difendere i diritti umani propri dei suoi assistiti, Per questo ha dovuto incassare 11 anni di reclusione , 20 anni di interdizione dall’esercizio della professione e 20 anni di proibizione dell’espatrio, per qualsiasi motivo, incluso il turismo, ovviamente!

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Quanto a Panahi è ancor più difficile capire di cosa sia accusato: le accuse contro il nostro regista, che non fa politica ma film, sono assolutamente ridicole. Si può arrestare un uomo per un film che a qualcuno appare far emergere tratti negativi di una realtà?

Tutto questo fa capire perché il penitenziario di Evin deve rimanere sigillato: è l’unica arma di cui questo regime dispone per sentirsi “sicuro”…

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