Nei Balcani la pulizia etnica è a senso unico
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Nei Balcani la pulizia etnica è a senso unico

L'assoluzione dei generali croati Ante Gotovina e Mladen Markac da parte del Tribunale penale dell'Aja. Il giudice italiano Pocar prende le distanze. Polemiche in Serbia.

Nei Balcani la pulizia etnica è a senso unico
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19 Novembre 2012 - 11.20


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Il giudice italiano dissente. L’assoluzione del generale croato Ante Gotovina e del suo collega ha creato non poco imbarazzo all’interno dello stesso tribunale penale internazionale dell’Aja. La decisione è stata presa infatti a maggioranza, e non all’unanimità dai componenti della Camera per il giudizio d’appello presieduta dal giudice Theodor Meron. Sono stati due su un totale di 5 i “dissidenti”: i giudici Carmel Agius di Malta e l’italiano Fausto Pocar. Quest’ultimo ha definito “contrario al senso di giustizia” il verdetto che ha assolto da ogni colpa Ante Gotovina e Mladen Markac, accusati di pulizia etnica e crimini contro l’umanità per i fatti commessi fra il 1991 e il 1995 nel corso delle guerre balcaniche, con particolare riferimento alla cosiddetta “operazione Tempesta” del 1995 contro la popolazione di etnia serba della Krajina meridionale.

Giustizia a comando. “Non credo che giustizia sia fatta quando il verdetto di colpevolezza, spiegato in oltre 1.300 pagine di analisi, viene spazzato via d’un sol colpo in pochi paragrafi”. La Corte d’appello ha annullato la condanna in primo grado a 24 anni di reclusione per Gotovina, e quella a 18 anni per Markac. “Mi oppongo all’intero procedimento -ha scritto Pocar nelle motivazioni del proprio voto- che è contrario al senso di giustizia”. Stessa dura opposizione è stata espressa dal giudice maltese Carmel Agius. L’assoluzione ha invece incontrato il favore del presidente statunitense della corte, Theodor Meron, del giamaicano Patrick Robinson e del turco Mehmet Guney.

Procedura elastica. Pocar ha inoltre puntato l’attenzione sul fatto che “sono stati commessi numerosi errori di valutazione dalla maggioranza dei giudici”, oltre che violate alcune procedure standard previste dal giudizio. Secondo Pocar, infatti, non sono state prese in debita considerazione o sono state addirittura rigettate molte delle prove su cui era basata la condanna in primo grado risalente al 2001, e che riguardavano in particolare le operazioni condotte dall’esercito croato negli attacchi ai villaggi di Knin, Obrovac, Gracac e Benkovac fra il 4 e il 5 agosto del 1995.

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Ovviamente i croati festeggiano. La sentenza, criticata da Pocar, è stata invece accolta con entusiasmo a Zagabria, dove a migliaia si sono radunati nella piazza centrale per festeggiare il ritorno di due “eroi di guerra”. Diversi i toni provenienti dalla Serbia: per il ministro responsabile dei rapporti con il Tribunale dell’Aja, Rasim Ljaic, si tratta di un pessimo esempio di “giustizia selettiva”, mentre secondo il presidente Tomislav Nikolic “il cammino della Serbia verso l’Europa si è allungato di nuovo”, e di parecchio.

Nei Balcani serve un solo cattivo. Savo Strbac, direttore del Centro informativo e di documentazione Veritas è convinto che il verdetto di assoluzione dei due generali croati emesso dal tribunale internazionale dell’Aja legalizzi la pulizia etnica e che le sue conseguenze per i serbi che vennero scacciati dalla Krajina siano terrificanti. “Per noi il verdetto del Tribunale dell’Aja rappresenta un’altra “Tempesta”, forse ancora più dura di quella che abbiamo subito nel 1995, ha dichiarato a ‘ Glas Srbije ‘ Milojko Budimir, presidente dell’Associazione dei rifugiati e di altre associazioni dei serbi in Croazia. Il direttore del Centro Veritas, Savo Strbac, è sconcertato e deluso per il verdetto, giudicandolo vergognoso poiché rappresenta il tramonto della giustizia internazionale.

Discredito giudiziario. Trattandosi di un tribunale delle Nazioni Unite la sentenza scuote anche le fondamenta dell’organizzazione stessa, ha sottolineato Strbac. “Il verdetto di primo grado era un primo atto giuridico, mentre quello che è stato letto dalla corte d’appello sembra più un opuscolo o una dichiarazione che viene accolta in diverse organizzazioni politiche, e non la sentenza di un tribunale”, evidenzia. Secondo Strbac il fatto che due giudici abbiano avuto due opinioni distinte significa che volessero mantenere la qualifica di atto criminale associato, e dimostra che nel processo c’erano anche giudici d’onore.

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Gli amici degli americani. Poiché il presidente della corte vota per ultimo, si può dire che in qualche modo la sentenza ottenuta è stato il verdetto del giudice americano Theodor Meron, dice Strbac, secondo il quale le autorità croate hanno ingaggiato una vera e propria lobby negli Stati Uniti per esercitare pressioni allo scopo di annullare la condanna di primo grado per i generali croati. “Le conseguenze per noi serbi perseguitati e scacciati dalla provincia di Krajina sono terrificanti. Ci aspettavamo che il verdetto alla base del quale si trova la qualifica di atto criminale associato ci avrebbe fornito una base solida per ottenere in modo più veloce e facile i nostri diritti personali sui beni e altri diritti politici che ci sono stati negati.

La pulizia etnica legale. Questo verdetto ha approvato tutto quello che i croati hanno fatto ai serbi, ha legalizzato la pulizia etnica, mentre doveva essere l’inizio della catarsi, di una profonda “purificazione” della società croata e un confronto costruttivo con il passato”, ha dichiarato Strbac. Secondo Strbac restano due accuse internazionali alle quali non si deve rinunciare. Una è la contraccusa della Serbia nei confronti della Croazia sollevata presso la Corte internazionale di giustizia. Strbac dice che la Serbia non dovrebbe accettare alcun patteggiamento ma provare a dimostrare che un genocidio sui serbi è stato effettivamente commesso.

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I volontari americani. La seconda è l’accusa sollevata presso la Corte federale di Chicago contro l’organizzazione americana di generali in pensione che hanno aiutato la Croazia ad eseguire l’operazione “Tempesta”, rileva Strbac. Il verdetto di primo grado che qualificava l’operazione “Tempesta” come atto criminale associato sarebbe stato una specie di risarcimento per tutto quello che è accaduto ai serbi, dice Milojko Budimir, presidente dell’Associazione dei rifugiati e di altre associazioni dei serbi in Croazia. “Questo verdetto non solo ha deluso ma anche abbandonato la nostra gente perché non si tratta di una decisione legale, ma di un verdetto politico. Il Tribunale dell’Aja ha mostrato la sua vera faccia, dando ragione a coloro che dicevano che è in realtà un’organizzazione politica.

Il solito “qui prodest”. È incredibile che dopo tutte le prove, i testimoni e i fatti, venga enunciato un verdetto simile e che i generali croati che hanno comandato l’operazione “Tempesta” siano stati assolti”, dice Budimir: questo verdetto è forse una buona cosa per i generali in Croazia, ma non è sicuramente una buona base per la riconciliazione nella regione, scrive Glas Srbije. Ma dissensi molto più significativi vengono -come visto all’inizio- dall’interno stesso della corte dell’Aja. Dall’inizio del confuso e crudele macello balcanico la menzogna di un solo cattivo contro discutibili buoni è stata la base propagandistica che aiuta ora a giustificare gli errori interessati e le complicità più sporche di parte occidentale.

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