Sarà forse per i 5 miliardi di dollari appena concessi dal Fondo Monetario. O forse perché Hamas e Morsi provengono dalla stessa corrente ideologico-religiosa. Sarà anche per far dimenticare gli enormi problemi interni. “Ma l’Egitto riprende il ruolo che ne ha fatto il perno della pace e stabilità nella regione”. Hillary Clinton benedice così il ruolo di tutore che il presidente egiziano Morsi si è cucito addosso con l’accordo di tregua fra Israele e Hamas. Dopo le primavere arabe, è la prima vittoria dell’Islam politico sunnita al potere in Egitto, in Turchia o in Qatar.
Ma è anche una scommessa, certo rischiosa, su Hamas: ancora attentati e missili su Israele, o addio graduale al terrorismo verso un futuro di forza politica islamica moderata e rispettabile? Questione vitale per tutti, israeliani compresi, pensando anche al momento in cui cadrà in Siria il regime di Bachar El-Assad. Oggi a Gaza la gente festeggia, spera nella fine del blocco israeliano. E canta vittoria il leader politico di Hamas, Khaled Meshaal, che però ringrazia l’Iran per l’aiuto.
Si riferisce ai missili, entrati a Gaza attraverso i tunnel scavati sotto il confine con l’Egitto. Ecco perché Israele non si fida. Eppure oggi vanno in scena le prove generali di un nuovo Medio Oriente.
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