E’ passato da poche ore il trionfo politico-diplomatico di Muhammed Mursi, presidente del nuovo Egitto, espressione dei Fratelli Musulmani, quando lui prende carta e penna e avoca sé una quantità di poteri tali che neanche Hosni Mubarak ne aveva (ufficialmente) altrettanti. Ha soltanto calcolato male il peso politico del trionfo ottenuto con la firma del cessate-il-fuoco per Gaza? No.
Proponendosi come unico depositario del potere politico, governativo e giudiziario-costituzionale, Muhammed Mursi ha inteso salvare la rivoluzione, e lo ha detto. Infatti la bomba ad orologeria di un secondo intervento della Corte Costituzionale, legata ancora al vecchio regime di Mubarak, per impedire il varo della nuova Costituzione egiziana, disciogliendo il corpo parlamentare che la deve votare, sembra proprio che stesse per esplodere. E lui è intervenuto, per impedirlo. Perché con quella mossa il vecchio regime avrebbe assestato un colpo durissimo, forse mortale, al nuovo corso egiziano. La riprova sta nella rimozione del “general-prosecutor”, il capo della pubblica accusa pubblica, un tirapiedi del vecchio establishment che aveva fatto di tutto per “salvare” Mubarak.
Ma il presidente non si è consultato con le altre forze politiche, con i liberali, con el-Baradei,e neanche con la chiesa copta prima di procedere, accendendo la miccia di un conflitto politico – confessionale.
Così adesso l’uomo che voleva impedire il varo di una costituzione “pienamente islamista”, come volevano i salafiti, suoi vicini-concorrenti nel campo dell’Islam politico, rischia di apparire il sostenitore di una costituzione “pienamente islamista”, e per di più con piglio golpista. Un errore che ora rischia di compromettere la rivoluzione che voleva salvare.