Nelle ultime settimane l’Ucraina ha fatto parlare di sé soltanto a causa di ripetute violazioni della tregusa che l’Osce ha attribuito in prevalenza alle truppe di Kiev, adesso due mosse diplomatiche sembrano aprire la strada a qualche nuova prospettiva, quanto meno rispeto all’appoggio incondizionato fornito finora dall’Occidente al regime di Petro Poroshenko: il segretario di Stato americano, John Kerry, ieri è volato a Sochi per incontrare il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, e dopo la visita di Angela Merkel a Mosca il presidente Vladimir Putin dice che “ci sono tutte le ragioni per credere che il processo di Minsk si muove in avanti, anche se ci sono ancora dei problemi”.
Ufficialmente, diceva ieri una nota di Mosca, Kerry e Lavrov «scambieranno le loro vedute sugli attuali aspetti delle relazioni bilaterali e sui problemi internazionali», mentre a sua volta la portavoce americana Marie Harf aveva definito il viaggio di Kerry in Russia come «parte dei nostri sforzi attuali per mantenere linee di comunicazioni con esponenti di alto grado del governo russo e assicurarci che le posizioni degli Stati Uniti siano trasmesse con chiarezza», Si è parlato della situazione in Ucraina, Yemen, Siria e Iran ed anche del possibile ingresso di Washintgon nel gruppo dei negoziatori del cosiddetto “formato Normandia” finora composto da Russia, Ucraina, Germania e Francia. Dal punto di vista di Mosca, la cosa potrebbe anche avvenire , anche se non subito e comunque sarebbe subordinata all’abbandono del piano di riarmo di Kiev condotto dall’America. Dall’incontro di Sochi non arrivano dunque novità clamorose, ma gli incontri potrebbero proseguire e presto il segretario di Stato potrebbe vedere anche Putin, il che se non altro dimostra che certe posizioni intransigenti stanno cambiando.
Più incoraggianti appaiono invece gli esiti degli sfori russo-tedeschi sul piano della diplomazia: dopo l’incontro con la Merkel, in una conferenza stampa congiunta entrambi i leaders si somo mostrati ottimisti. “Con tutti i problemi che permangono nell’ Ucraina orientale ,tuttavia il quadro è diventato più tranquillo – ha detto la cancelliera tedesca – la lezione della storia è che dobbiamo fare di tutto per risolvere i conflitti pacificamente e nel dialogo, il che significa per via diplomatica, per quanto difficile questo possa apparire“.
La cancelliera tedesca era in visita in Russia per gli eventi in occasione del 70 ° anniversario della fine della Seconda guerra mondiale in Europa, anche se è rimasta lontana dalla parata militare di sabato sulla Piazza Rossa.
Merkel e il presidente francese Francois Hollande sono stati i grandi mediatori negli accordi di Minsk del 12 febbraio, anche se da allora le violazioni della tregua sono state numerose con altre vittime: prima dei colloqui, aveva presenziato con Putin ad una cerimonia, portando una corona di fiorni alla Tomba del Milite Ignoto presso le mura del Cremlino.
Una clausola particolarmente delicata degli accordi di Minsk prevede che Kiev riconosca ampia autonomia alle repubbliche autoproclamate dell’Est e ieri Denis Pushlin, rappresentante dei quella di Donesk presso il Gruppo di contatto è tornato sul tema:”Gli scenari possibili sono due: o rispettare in pieno gli accordi sottoscritti a Minsk il 12 febbraio o far fallire il negoziato – dice – la prima variante significa una larghissima autonomia per noi nel quadro dell’Ucraina con nostre leggi, insomma, con un’autonomia vasta e sicuramente con un governo diverso da quello di Kiev. La seconda ipotesi consisterebbe solo nel cancellare tutte le clausole dell’accordo”, e come esempiodel grado di autonomia accettabile per la DNR, Pushilin cita Irlanda del Nord, Groenlandia e Hong Kong.”Menare per le lunghe con l’implementazione di “Minsk-2” – conclude- porterebbe al riaccendersi dei combattimenti e di conseguenza il negoziato politico non sarebbe più possibile”.