Pyros e Titan: dalla parte di Obama e Schlein contro i sepolcri "anneriti"
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Pyros e Titan: dalla parte di Obama e Schlein contro i sepolcri "anneriti"

Vi sono morti che pesano come piume e morti che pesano come pietre. La vulgata comune attribuisce questo adagio al presidente della Cina Mao Tse Tung. In realtà l’autore risale a molti ma molti secoli prima.

Pyros e Titan: dalla parte di Obama e Schlein contro i sepolcri "anneriti"
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

25 Giugno 2023 - 12.34


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Vi sono morti che pesano come piume e morti che pesano come pietre. La vulgata comune attribuisce questo adagio al presidente della Cina Mao Tse Tung. In realtà l’autore risale a molti ma molti secoli prima.

Non tutte le morti hanno uguale valore.
Tutti gli uomini muoiono,
ma la morte di alcuni ha più peso di una montagna,
e la morte di altri è più leggera di una piuma.
[Sima Qian (Szuma Chien), Rapporti sulla grande storia (circa 145 a.c.)]

La verità ti fa male…

I dotti riferimenti ci servono per affrontare una questione che molto ha scandalizzato la stampa mainstream al servizio della destra fascista al governo

“Mi auguro che si trovino quelle persone che andavano a cercare il Titanic in un sommergibile, ma mi fa impressione il dispiegamento di mezzi per la ricerca, per 4 persone che comunque hanno pagato credo moltissimo. E trovo inaccettabile e ingiusto che l’altro giorno sulle coste greche non si sia mosso un dito per salvare 750 migranti che avevano solo la colpa di non tollerare soprusi, ingiustizie, torture, chi fugge da guerre e discriminazioni”. Così Elly Schlein in un comizio a Lamezia Terme.

Apriti cielo. Da destra, e non solo, giù mazzate a colpi di “vergogna”, “non ha pietà per quei morti” e giù a insulti. 

Titola Libero Quotidiano: “Elly Schlein, Titan e migranti: la segretaria Pd tocca davvero il fondo”. Sentenzia Il Tempo: “Titan e i migranti, il paragone surreale di Elly Schlein: Pd in confusione totale”.

Insulti che i megafoni di Palazzo Venezia 2.0 (Palazzo Chigi) avrebbero dovuto estendere ad un signore che per 8 anni (due mandati) ha guidato l’iper potenza mondiale Usa: Barack Obama. «È in corso una potenziale tragedia con un sottomarino che sta ricevendo una copertura mediatica minuto per minuto in tutto il mondo, ed è comprensibile perché tutti noi ovviamente vogliamo e preghiamo che quelle persone vengano salvate. 

Ma il fatto che abbia ottenuto più attenzione delle 700 persone morte annegate è una situazione inaccettabile», ha detto Obama.

L’ex presidente americano è intervenutoo a una conferenza del ciclo di incontri Nostos 2023, organizzato dal Centro culturale della Fondazione Stavros Niarchos ad Atene, su temi come l’importanza di rafforzare le istituzioni democratiche nel mondo. «Il fatto che non possiamo fare nulla per loro non è vero e lo sappiamo. Sappiamo che possiamo fare qualcosa per queste persone», ha aggiunto Obama, che durante la sua visita nella capitale greca ha anche incontrato brevemente il leader di Nea Dimokratia Kyriakos Mitsotakis e il segretario di Syriza Alexis Tsipras. 

Sarebbe bastato molto meno”

Poche lapidarie parole quelle che accompagnano un post pubblicato su Instagram dalla Sea Watch Italia, l’organizzazione senza scopo di lucro che svolge attività di ricerca e salvataggio nel Mar Mediterraneo centrale. Nella foto pubblicata un chiaro riferimento all’impegno che tutti stanno mettendo per ritrovare il sommergibile Titan, scomparso lunedì con cinque persone a bordo mentre scendeva negli abissi per raggiungere il relitto del Titanic a 3.800 metri di profondità al largo delle coste canadesi, confrontato alla scarsità delle risorse investite per il salvataggio delle 700 persone morte nel naufragio di Pylos, in Grecia. “Per salvare 5 persone (ricche) a bordo del sottomarino disperso sono giustamente impiegate guardie costiere di quattro Stati, Nato e compagnie commerciali dotate dei mezzi più sofisticati. Sarebbe bastato molto meno per salvare 700 persone (povere) naufragate al largo della Grecia”.

La doppia morale di Giorgia

Ne scrive Annalisa Cangemi per fanpage.it: “Botta e risposta tra la premier Giorgia Meloni e il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni. Intervenendo all’Europa Forum Wachau, all’Abbazia di Göttweig, in Bassa Austria, la presidente del Consiglio  ha detto che sull’immigrazione ci vuole un cambio di passo.

“In tema di migrazioni occorre avere il coraggio di un approccio completamente nuovo. Abbiamo vissuto un lungo tempo in cui chi chiedeva di governare i flussi migratori illegali veniva considerato disumano o razzista. E chi favoriva il fenomeno veniva considerato umano e solidale. Ma è davvero umano lasciare campo libero a trafficanti senza scrupoli, che si fanno pagare 9mila euro per un viaggio della speranza che produce migliaia di morti nel Mediterraneo? È umano lasciare che gli scafisti decidano chi può arrivare o meno in Europa, sulla base dei soldi che si hanno? È umano litigare fra noi su chi si debba prendere carico di queste persone? È umano lasciare queste persone nelle periferie delle nostre metropoli a spacciare droga o nelle mani della criminalità organizzata?”, ha detto la premier.

“Umano è fare cooperazione allo sviluppo, umano è che se hai diritto a venire in Europa, tu non debba pagare degli scafisti. E bisogna distinguere i rifugiati dai migranti economici, due materie diversi. Lavorare con Paesi di partenza e transito, formare le persone che possono arrivare in Europa, dare loro una vita dignitosa”, ha aggiunto.

Poche ore dopo è arrivata la replica di Nicola Fratoianni, parlamentare di Avs: “No Presidente Meloni, non è umano lasciare i migranti agli scafisti, ma non è umano neanche lasciare morire i naufraghi in mezzo al mare, e non è neanche umano farli catturare dalla Guardia Costiera libica che li riporta nei lager e li riconsegna poi agli scafisti. E anche costringere i naufraghi salvati dalle Ong a ulteriori giorni di navigazione invece di mettere fine alle loro sofferenze ha ben poco di umano”, ha commentato.

“Proprio ieri – ha aggiunto – mentre il nostro parlamentare Mari spiegava nell’Aula di Montecitorio il no dell’Alleanza Verdi Sinistra al rifinanziamento alla missione internazionale in Libia, zitti zitti avete regalato e consegnato alle milizie libiche altre due motovedette con cui continueranno a fare il lavoro sporco. Lavoro sporco perché – e riprendo esattamente le parole di Mari in Parlamento – aiutare la Guardia costiera libica, sapendo di facilitare il ritorno di migliaia di persone in Libia, dove subiscono gravi e accertate violazioni dei diritti umani, rende l’Italia complice di questi crimini”.

“Dal 2017 ad oggi sono stati ben 99.630 le donne, gli uomini e i bambini intercettati in mare e riportati in Libia, nei campi di detenzione, dove per mesi, se non per anni, vivono in condizioni inumane e spesso sottoposte a sevizie. E su tutto questo continua – conclude Fratoianni – il vostro ipocrita e disumano silenzio”.

La logistica della crudeltà

Assegnato il porto della Spezia alla Geo Barents di Medici senza frontiere che ieri mattina ha soccorso un gommone con 13 migranti. “Ancora una volta le autorità italiane ci hanno assegnato La Spezia come porto sicuro – afferma la ong – a più di 632 miglia nautiche, a tre giorni e mezzo di navigazione dalla nostra attuale posizione. Saremo fuori dalla zona di ricerca e soccorso per sette giorni … Sono queste le misure mirate?”. L’arrivo in Liguria è previsto per martedì.

La nave della Ong è stata inviata alla Spezia già altre due volte, l’ultima alla fine dello scorso maggio.

Il salvataggio

Il salvataggio è avvenuto ieri mattina  in acque internazionali e ha riguardato un gruppo di 13 persone, tra cui due donne e due minori non accompagnati, “in viaggio da 3 giorni a bordo di un gommone instabile. Il primo allarme su questa imbarcazione era scattato due giorni fa via Alarm Phone”.

A bordo del gommone instabile soccorso in acque internazionali dalla Geo Barents sarebbero stati in 14. I soccorritori di Medici senza frontiere, però, hanno trovato solo 13 persone: una quattordicesima sarebbe caduta in acqua prima del loro arrivo. A rivelarlo al team di Msf sono stati gli stessi sopravvissuti. “Ci hanno raccontato la terribile esperienza di aver perso uno dei membri del gruppo caduto in mare e che non è stato possibile recuperare”, dicono dall’Ong.

Alla nave di soccorso civile è stato assegnato il porto di La Spezia per lo sbarco dei naufraghi, distante oltre tre giorni e mezzo di navigazione dall’area del soccorso. “I sopravvissuti sono adesso costretti a sopportare il loro trauma e il loro dolore mentre viaggiano verso un porto inutilmente distante nel nord Italia”, dicono da Msf, ricordando che i naufraghi hanno già trascorso tre giorni in mare prima del loro arrivo.

“Perché non è stata fornita assistenza nella zona Sar maltese? – chiedono gli attivisti della Ong – Le autorità italiane riassegneranno un porto più vicino per fornire urgentemente la necessaria assistenza psicologica ai sopravvissuti dopo l’esperienza traumatica? Sono traumatizzati dopo aver già trascorso tre giorni in mare aperto e aver assistito alla tragica perdita di una persona. Hanno bisogno di un luogo sicuro il prima possibile”.

Una riflessione da incorniciare

E’ quella di Antonio Maria Mira su Avvenire del 23 aprile scorso.

Scrive Mira: “La matematica non è un’opinione e quindi nessuno può contestare che 500 è più di 7 volte 69 e addirittura 17 volte 29. Un numero molto maggiore, dunque. Eppure mentre le navi Ong “Mv Humanity 1” e “Ocean Viking”, con 69 e 29 persone soccorse nel Mediterraneo centrale sono state obbligate a dirigersi verso Ravenna e Bari, le imbarcazioni della Guardia costiera e di Frontex che hanno soccorso 500 persone a bordo di un peschereccio nel Mediterraneo orientale, hanno potuto sbarcare a Catania e Augusta. Poche ore di navigazione contro giorni. Oltretutto con mare mosso. 

Quando è stata inaugurata la nuova strategia di inviare le navi delle Ong in porti lontani, il governo l’aveva giustificata con la necessità di non caricare ulteriormente i porti siciliani e calabresi. Invece in queste ore ben 500 persone stanno arrivando in questi porti, mentre 69 e 29 hanno dovuto sopportare altri 6 e 2 giorni di navigazione. È evidente la scelta “punitiva” nei confronti delle organizzazioni umanitarie, per dissuaderle dall’intervenire. I numeri e la cronaca parlano chiaro. Partiamo dal peschereccio con 500 persone, in gran parte provenienti dal Bangladesh, l’ennesimo in arrivo dalla Cirenaica, una rotta che in questi mesi è in piena attività con migliaia di arrivi sulle coste calabresi e siciliane. 

Operazione coordinata dalla Guardia costiera, al largo di Portopalo di Capo Passero. Nella notte 132 immigrati sono giunti a Catania sulla nave Mai 1106 di Frontex, mentre altri 92 a bordo delle motovedette Cp320 e Cp331. Nelle stesse ore i restanti sono stati portati ad Augusta da altre motovedette. È previsto invece questa mattina alle 8 l’arrivo nel porto di Bari della nave “Ocean Viking”, con a bordo 29 immigrati. Ma l’orario è legato alle condizioni meteo, particolarmente negative. Secondo quanto riferito dalla Ong Sos Mediterranée Italia «l’imbarcazione in vetroresina su cui i migranti affrontavano il mare agitato» era in navigazione «da 5 giorni, alla deriva in zona Sar maltese». 

A questi si sono poi aggiunti altri due giorni fino a Bari, 770 km di distanza. Molto più lungo il viaggio “Mv Humanity 1”, con rotta su Ravenna. L’arrivo è infatti previsto per mercoledì dopo 1.100 km e 6 giorni di mare aggiunti. I migranti a bordo erano partiti dalle coste libiche a bordo di un piccolo gommone il 18 aprile ed erano stati soccorsi dalla Ong dopo aver trascorso 19 ore in mare. E riprende anche la rotta turca, interrotta dopo la strage di Cutro. In piena notte sono arrivati nel porto di Roccella Jonica 88 immigrati soccorsi dalla motovedetta Cp 311 a circa 75 miglia dal porto di Roccella. Tra loro 14 minori e 21 donne, nazionalità siriana, afgana, iraniana e pakistana”.

A Tunisi c’è chi dice no

Una decina di partiti e associazioni tunisine hanno espresso in una dichiarazione congiunta la loro opposizione a quello che definiscono “come un possibile accordo di cooperazione Tunisia-Ue, in cambio di un massiccio rimpatrio di migranti irregolari tunisini e subsahariani in Tunisia”.

Tra i firmatari i partiti politici Afek Tounes, Al Massar, il collettivo Soumoud, l’Osservatorio nazionale per la difesa della civiltà dello Stato e altre personalità della società civile.

I firmatari esprimono la loro preoccupazione per la possibile conclusione di un accordo con l’Ue che renda la Tunisia terra di accoglienza e insediamento per migranti irregolari, riferendosi al recente annuncio del raggiungimento di un accordo sui migranti ad opera dei 27 e alle visite di diversi leader europei in Tunisia e dei loro annunci su un possibile accordo con la Tunisia entro la fine di giugno. I partiti, le associazioni e le organizzazioni firmatarie “affermano che il potere in essere dovrebbe comunicare all’opinione pubblica i dettagli del negoziato con l’Europa, rilevando la necessità di adottare un approccio nuovo, umano e democratico nell’affrontare il tema della migrazione clandestina e irregolare”. 

Questa è la Tunisia che ci piace, che va sostenuta. Non certo quello dell’autocrate razzista, il presidente Saied, che tanto piace a Giorgia Meloni e al ministro Piantedosi.

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