Dall'Italia, una carovana per Rafah per sostenere le ragioni della pace e del popolo palestinese
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Dall'Italia, una carovana per Rafah per sostenere le ragioni della pace e del popolo palestinese

Dal 3 al 6 marzo una delegazione di operatori e operatrici umanitari, 16 parlamentari, 13, giornaliste e giornaliste, accademici ed esperte di diritto internazionale si recherà̀ in Egitto per raggiungere il valico di Rafah. 

Dall'Italia, una carovana per Rafah per sostenere le ragioni della pace e del popolo palestinese
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

28 Febbraio 2024 - 21.51


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Una carovana per Rafah. Per testimoniare sul campo di una solidarietà che non è mai venuta meno.

Dal 3 al 6 marzo una delegazione di operatori e operatrici umanitari, 16 parlamentari, 13, giornaliste e giornaliste, accademici ed esperte di diritto internazionale si recherà̀ in Egitto per raggiungere il valico di Rafah. 

Si tratta di un’iniziativa promossa dall’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà̀ internazionale (Rete Aoi), nell’ambito della campagna #EmergenzaGaza, in collaborazione con Amnesty International Italia, Arci e Assopace Palestina. 

L’appello della delegazione è per il cessate il fuoco immediato, perché́ riprenda l’azione diplomatica internazionale, sotto la regia delle Nazioni Unite. La delegazione sostiene con determinazione la richiesta delle organizzazioni umanitarie e della Corte Internazionale di Giustizia, perché́ si consenta l’ingresso degli aiuti e l’operato umanitario. Obiettivo della delegazione italiana è quello di testimoniare la vicinanza alla popolazione di Gaza sotto assedio e dimostrare che è possibile fare qualcosa di concreto. 

L’assalto militare israeliano sta causando distruzione, pericolo, terrore e sofferenza tali da rendere impossibile per il sistema umanitario internazionale organizzare una risposta sicura per salvare vite umane. 

Le realtà̀ promotrici invitano il governo italiano ad agire perché́ il cessate il fuoco sia permanente e si fermi il massacro in atto, sospendendo l’acritico sostegno alla politica del governo israeliano, che lo rende complice della tragedia in atto. Il governo e il Parlamento devono fare tutto ciò̀ che è in loro potere per prevenire ulteriori offensive militari e creare un ambiente favorevole ai negoziati e al dialogo: in questo quadro va affrontata anche la questione del rilascio degli ostaggi israeliani. Deve essere garantita ai civili, coloro che pagano sempre il prezzo più̀ alto nei conflitti, la protezione da minacce e violazioni del diritto umanitario internazionale. 

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Oggi più̀ che mai è necessario che la comunità̀ internazionale condanni l’occupazione israeliana in Palestina, contrasti l’impunità di Israele di fronte alla continua violazione del 

diritto internazionale umanitario e dei diritti umani. Sono passaggi essenziali per creare un percorso sostenibile e concreto verso dei negoziati di pace che vengano condotti nel quadro della legalità̀ internazionale. 

La delegazione incontrerà̀ a Il Cairo organizzazioni della società̀ civile, difensori dei diritti umani, agenzie delle Nazioni Unite, oltre alle rappresentanze diplomatiche italiane in loco. Successivamente si recherà̀ ad Al Arish per seguire il percorso dei container di aiuti umanitari realizzati grazie alla raccolta fondi #EmergenzaGaza. Infine, raggiungerà̀ il valico di Rafah per incontrare le organizzazioni umanitarie che si stanno spendendo per cercare di inviare aiuti essenziali dentro la Striscia, affrontando difficoltà inimmaginabili. Tra loro Unrwa, agenzia Onu per il soccorso dei rifugiati palestinesi, oggetto in queste settimane di un gravissimo attacco che colpisce collettivamente quasi 6 milioni di rifugiati palestinesi a Gaza, in Cisgiordania, in Siria, Libano e Giordania, ma anche la Mezzaluna Rossa Egiziana e quella Palestinese, e l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari (Ocha). 

 “Partiamo per Rafah – dice Alfio Nicotra, Aoi – perché́ non possiamo stare con le mani in mano mentre si sta consumando questa ecatombe di bambini e bambine a cui si sta sottraendo tutto: la vita, il gioco, l’istruzione, la salute, il diritto al futuro. La nostra campagna #ErmergenzaGaza ha raccolto centinaia di piccole donazioni individuali e collettive segno che la società̀ civile italiana si sente coinvolta dalla tragedia del popolo palestinese. Partiamo anche per essere vicini ai nostri colleghi delle Ong, agli operatori umanitari, sanitari e ai giornalisti che ogni giorno vengono assassinati e fatti target dai cecchini e dai bombardamenti. Il Governo italiano e quelli della Ue devono chiedere ed agire per il cessate il fuoco. Occorre impedire che si concretizzi il piano di espulsione dalla propria terra di oltre due milioni di palestinesi”. 

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Rimarca Tina Marinari, Amnesty International Italia: “Un mese dopo che la Corte internazionale di giustizia ha ordinato le sei misure cautelari, la situazione nella Striscia di Gaza non ha fatto altro che peggiorare. La popolazione è ridotta alla fame e l’accesso agli aiuti umanitari continua ad essere bloccato da Israele. In quanto potenza occupante, secondo il diritto internazionale, Israele ha il chiaro obbligo di garantire le necessità di base della popolazione di Gaza. Il blocco israeliano è una forma di punizione collettiva e un crimine di guerra. Noi abbiamo bisogno di aprire gli occhi e mostrare al mondo tutti i crimini che si stanno compiendo di fronte all’immobilismo internazionale. Abbiamo bisogno che un cessate il fuoco immediato e permanente venga garantito al più̀ presto in maniera unilaterale”. 

Sottolinea Raffaella Bolini, vice presidente dell’Arci: “ “Noi crediamo sia necessario che arrivi alla popolazione di Gaza il segnale che c’è un’altra Italia, un’altra Europa, un altro Occidente, che crede nel diritto  internazionale, che crede nella politica di giustizia, che si batte per una soluzione politica fondata sulla legalità̀ internazionale. Per dare un appiglio di speranza a chi soffre e sopravvive e muore chiedendosi perché́ nessuno faccia niente di fronte a un genocidio. L’ignavia di fronte all’oppressione produce danni immensi, di cui pagano i prezzi tutti. La comunità̀ internazionale non ha mosso un dito, di fronte al tradimento del processo di pace, all’avanzata dell’occupazione, degli insediamenti, dell’apartheid negli ultimi trenta anni. Chi oggi guarda con paura ai processi di radicalizzazione, in Israele e in Palestina, deve sapere che sono figli di quella ignavia. Perché́, quando la politica di giustizia non c’è, rimane solo la forza bruta. Bisogna rimettere in campo la politica”. 

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Spiega Luisa Morgantini, presidente di Assopace Palestina: “Non raggiungeremo l’inferno di Gaza, vorremmo tanto farlo, ma l’entrata è interdetta non solo a noi, ma a anche a relatori delle Nazioni Unite, ai giornalisti, agli aiuti umanitari fatti entrare a gocce. Stiamo assistendo ad un genocidio e alla crudeltà̀ della scelta del governo di Israele di affamare e distruggere Gaza, come affermato da ministri, non solo fondamentalisti messianici, ma anche da un Presidente laico che dice “non c’è un innocente a Gaza. I gazawi devono essere spazzati via, mettendo al loro posto coloni che così, potranno vedere il mare”.

Ma i palestinesi a Gaza, nella Cisgiordania, dove ogni giorno l’occupazione uccide e rapina terra, in Israele, nei campi profughi del Libano, della Siria e della Giordania e nella diaspora nel mondo, sapranno che non sono soli, sanno che ci sono milioni di persone nel mondo che sono con loro e non con le politiche simili a quelle del nostro governo che si rende complice dei crimini di guerra che sono commessi ogni singolo momento dal governo israeliano.

Arriveremo fino a Rafah, nella parte egiziana con aiuti umanitari, ma soprattutto per ribadire il nostro impegno a far sì che dopo 75 anni di continua Nakba e 56 anni di occupazione militare, di apartheid e colonizzazione, il popolo palestinese ha di gran lunga il diritto all’autodeterminazione e alla libertà. Non averla praticata segna il fallimento della Comunità̀ Internazionale, in primis dell’Unione Europea, che dovrebbe fondarsi sulla giustizia e il rispetto dei diritti umani e sociali di tutti e tutte”. 

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