Trump fa deportare otto detenuti in Sud Sudan, ma solo uno è sud-sudanese

Gli Stati Uniti hanno deportato otto persone in Sud Sudan dopo una lunga battaglia legale che le aveva inizialmente fatte deviare verso Gibuti per alcune settimane.

Trump fa deportare otto detenuti in Sud Sudan, ma solo uno è sud-sudanese
I deportati incatenati mani e piedi
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6 Luglio 2025 - 22.08


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Gli Stati Uniti hanno deportato otto persone in Sud Sudan dopo una lunga battaglia legale che le aveva inizialmente fatte deviare verso Gibuti per alcune settimane.

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I deportati – condannati per reati come omicidio, violenza sessuale e rapina – avevano già scontato, o stavano per concludere, le rispettive pene detentive.

Solo uno degli otto è originario del Sud Sudan. Gli altri provengono da Myanmar, Cuba, Vietnam, Laos e Messico. Secondo le autorità statunitensi, la maggior parte dei loro Paesi d’origine si era rifiutata di riaccoglierli.

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L’amministrazione Trump sta cercando di espandere le deportazioni verso Paesi terzi. Finora, sono già stati effettuati rimpatri verso El Salvador e Costa Rica. Il Ruanda ha confermato di aver avviato discussioni in merito, mentre Benin, Angola, Guinea Equatoriale, Eswatini e Moldavia sono stati menzionati dai media come potenziali Paesi di destinazione.

Una foto fornita dal Dipartimento per la Sicurezza Interna a CBS News, partner della BBC negli Stati Uniti, mostra gli otto uomini sull’aereo, con mani e piedi ammanettati.

Le autorità non hanno specificato se il governo sud-sudanese li abbia presi in custodia né quale sarà il loro destino.

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Edmund Yakani, responsabile di un’organizzazione della società civile in Sud Sudan, ha dichiarato alla BBC World Service di aver potuto vedere brevemente i deportati, ma senza la possibilità di parlarci. Ha riferito che si trovano in una struttura civile nella capitale Juba, sotto la sorveglianza della polizia e dei servizi di sicurezza nazionali. Non erano ammanettati e sembravano in buone condizioni.

Lo status legale del gruppo rimane poco chiaro e Yakani auspica che il governo fornisca chiarimenti lunedì.

Il Sud Sudan è tuttora instabile e sull’orlo di una nuova guerra civile. Il Dipartimento di Stato USA sconsiglia i viaggi nel Paese a causa di “criminalità, rapimenti e conflitti armati”.

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I deportati erano stati inizialmente espulsi dagli Stati Uniti a maggio, ma l’aereo era stato deviato su Gibuti dopo che un giudice federale del Massachusetts, Brian Murphy, aveva bloccato la deportazione. Il giudice aveva stabilito che i migranti destinati a Paesi terzi dovessero essere informati preventivamente e avere la possibilità di parlare con un funzionario per l’asilo.

Tuttavia, la settimana scorsa, la Corte Suprema ha dato ragione all’amministrazione Trump, annullando la decisione del giudice Murphy. Giovedì, la Corte ha confermato che Murphy non poteva più richiedere udienze con garanzie procedurali, permettendo così la prosecuzione delle deportazioni.

Gli avvocati hanno poi chiesto l’intervento di un altro giudice, che ha però stabilito che solo Murphy aveva giurisdizione. A quel punto, lo stesso Murphy ha dichiarato di non avere più l’autorità per bloccare le espulsioni, a causa della decisione “vincolante” della Corte Suprema.

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Tricia McLaughlin, portavoce del Dipartimento per la Sicurezza Interna, ha definito la deportazione in Sud Sudan una vittoria contro i “giudici attivisti”.

All’inizio dell’anno, il segretario di Stato Marco Rubio aveva revocato tutti i visti ai titolari di passaporto sud-sudanese, citando il rifiuto del Paese di accettare i propri cittadini espulsi.

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