Lo avevamo scritto prima della tempesta. Lo avevamo scritto a caratteri cubitali: GIÙ LE MANI DA FRANCESCA ALBANESE.
Mani potenti, pericolose, incattivite. Mani che maneggiano miliardi di dollari, che uniscono governi e il complesso militare-industria-finanziario globale.
Francesca Albanese è sotto attacco. Francesca Albanese è in pericolo. Le sanzioni annunciate dal segretario di Stato Usa, Mario Rubio. La campagna social orchestrata dal governo israeliano, come ben documentato da una inchiesta di Fanpage, il killeraggio mediatico degli ultras d’Israele che popolano la stampa mainstream e i talkshow televisivi: un fuoco devastante contro una donna, una professionista coraggiosa. Che non ha smesso mai di denunciare, documentandoli, i crimini di guerra e contro l’umanità commessi alle autorità, dall’esercito, dai coloni, israeliani a Gaza e in Cisgiordania. Francesca è andata oltre. Si è spinta ancor più in un campo minato. Con il suo ultimo rapporto, ha messo in fila tutte le aziende, colossi mondiali, che hanno fatto miliardi con l’economia del genocidio.
Per questo Francesca Albanese è oggi il simbolo vivente di quanti credono ancora nel diritto e nella legalità internazionali. Di quanti non smettono di manifestare contro il genocidio di Gaza, l’apartheid in Cisgiordania.
Ognuno, per quel che può, come può, deve stringersi oggi attorno a Francesca Albanese.
Lasciarla isolata, permettere che venga fatto il vuoto attorno a lei, la storia insegna, significa metterla a rischio. L’Italia ne sa qualcosa, con Falcone e Borsellino.
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