Secondo quanto riportato dall’emittente pubblica israeliana Kan, l’esercito israeliano (IDF) ha distrutto decine di migliaia di aiuti umanitari — tra cui enormi quantità di generi alimentari — destinati alla popolazione della Striscia di Gaza. Le forniture, rimaste per settimane in attesa sul lato palestinese del valico di Kerem Shalom, si sarebbero deteriorate fino a diventare inutilizzabili. Le fonti militari citate da Kan parlano di una quantità complessiva pari a oltre mille camion.
Molti di questi aiuti erano cibo deperibile bloccato per settimane in condizioni climatiche proibitive, impossibilitato a raggiungere i civili a causa delle restrizioni imposte dai controlli israeliani o dell’impossibilità delle agenzie umanitarie di operare in sicurezza nella Striscia. Alla fine, i prodotti — ormai scaduti o contaminati — sono stati smaltiti direttamente dall’esercito.
Questo episodio si aggiunge a un quadro umanitario già devastante: secondo le Nazioni Unite, oltre un milione di persone a Gaza si trovano in condizioni di insicurezza alimentare acuta, mentre il numero dei bambini morti per denutrizione o disidratazione è in drammatico aumento.
In un contesto simile, la distruzione di aiuti umanitari rappresenta non solo un fallimento logistico e politico, ma una vergogna assoluta. Quando la popolazione muore letteralmente di fame, impedire la distribuzione del cibo e poi gettarlo via perché scaduto non può essere considerato altro che un crimine di guerra, in violazione del diritto internazionale umanitario.
Secondo l’articolo 54 del Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra, è proibito affamare la popolazione civile come metodo di guerra. Bloccare, ritardare o impedire l’arrivo degli aiuti, fino al punto che questi vengano distrutti perché inutilizzabili, non è una mera inefficienza burocratica: è una deliberata punizione collettiva.
In assenza di un intervento deciso da parte della comunità internazionale, la fame continua a essere usata come arma. E le conseguenze si contano, ogni giorno, nei corpi scheletrici dei bambini ricoverati negli ospedali di Gaza.
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