Israele uccide 5 giornalisti di Al Jazeera per oscurare le poche voci che raccontano il genocidio di Gaza

Anas al-Sharif, uno dei volti più riconoscibili di Al Jazeera a Gaza, è stato ucciso insieme ad altri quattro colleghi in un attacco aereo israeliano

Israele uccide 5 giornalisti di Al Jazeera per oscurare le poche voci che raccontano il genocidio di Gaza
Anas al-Sharif
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11 Agosto 2025 - 10.43


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Anas al-Sharif, uno dei volti più riconoscibili di Al Jazeera a Gaza, è stato ucciso insieme ad altri quattro colleghi in un attacco aereo israeliano. Il raid ha colpito nella notte di domenica una tenda riservata ai giornalisti, situata all’esterno dell’ospedale al-Shifa di Gaza City. Il funerale si è tenuto lunedì mattina.

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Secondo l’emittente qatariota, tra le vittime ci sono anche il corrispondente Mohammed Qreiqeh e gli operatori di ripresa Ibrahim Zaher, Mohammed Noufal e Moamen Aliwa. In totale, sette persone hanno perso la vita nell’attacco.

L’esercito israeliano ha ammesso di aver colpito la tenda, sostenendo che al-Sharif fosse “a capo di una cellula terroristica di Hamas” e “responsabile di pianificare attacchi missilistici contro civili israeliani e forze IDF”. Ha dichiarato di possedere prove e documenti a sostegno, ma organizzazioni per i diritti e la libertà di stampa hanno accusato Israele di averlo preso di mira per la sua attività giornalistica, contestando la mancanza di evidenze concrete.

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Al Jazeera ha definito al-Sharif “uno dei più coraggiosi giornalisti di Gaza” e ha parlato di “un disperato tentativo di mettere a tacere le voci” prima dell’occupazione di Gaza.

Già a luglio, il portavoce dell’IDF Avichai Adraee aveva diffuso su X un video accusandolo di essere membro dell’ala militare di Hamas. L’allora relatrice speciale ONU per la libertà di espressione, Irene Khan, aveva definito l’accusa “non provata” e “un attacco palese ai giornalisti”. In quello stesso mese, al-Sharif aveva detto al Committee to Protect Journalists (CPJ) di vivere “con la sensazione di poter essere bombardato e ucciso in qualsiasi momento”.

Dopo l’attacco, il CPJ si è detto “inorridito” per la morte dei giornalisti, denunciando il “modello ricorrente di Israele di etichettare i reporter come militanti senza fornire prove credibili” e ricordando che “i giornalisti sono civili e non devono mai essere presi di mira”.

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Il Sindacato dei giornalisti palestinesi ha parlato di “crimine sanguinoso” e di assassinio mirato.

Nel gennaio scorso, durante una diretta televisiva dopo una tregua temporanea tra Israele e Hamas, al-Sharif aveva tolto il giubbotto antiproiettile in mezzo alla folla in festa a Gaza, diventando simbolo della resilienza dei reporter.

Pochi minuti prima di morire, aveva scritto su X: “Ultim’ora: bombardamenti israeliani intensi e concentrati, con ‘fasce di fuoco’, stanno colpendo le aree orientali e meridionali di Gaza City”.

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In un messaggio datato 6 aprile e pubblicato postumo, al-Sharif scriveva di aver “vissuto il dolore in ogni suo dettaglio, conosciuto la sofferenza e la perdita molte volte, ma di non aver mai esitato a raccontare la verità, senza distorcerla”. Concludeva invocando il giudizio di Dio “su chi è rimasto in silenzio, su chi ha accettato il nostro massacro, restando indifferente ai resti sparsi di donne e bambini”.

Aveva 28 anni, una moglie e due figli piccoli. Suo padre era stato ucciso in un raid israeliano nel dicembre 2023. All’epoca, al-Sharif aveva rifiutato di lasciare Gaza nord e aveva promesso di continuare a raccontare la guerra.

Il collega Hani Mahmoud, anch’egli corrispondente di Al Jazeera a Gaza, ha descritto il momento dell’attacco: “Ero a un isolato dall’ospedale al-Shifa quando ho sentito l’esplosione. Ho visto il cielo illuminarsi e subito si è diffusa la notizia che era stato colpito il campo dei giornalisti all’ingresso principale”. Mahmoud ha ricordato che solo una settimana prima un ufficiale israeliano aveva accusato direttamente al-Sharif e altri reporter di “incitare” contro Israele per la loro copertura delle carestie e della crisi umanitaria.

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Negli ultimi due anni, Israele ha ucciso più volte giornalisti di Al Jazeera e loro familiari: tra questi Hossam Shabat (marzo 2025), Ismail al-Ghoul e il cameraman Rami al-Rifi (agosto 2024). Il capo corrispondente Wael al-Dahdouh ha perso moglie, figlio, figlia e nipote nell’ottobre 2023; poche settimane dopo è rimasto ferito in un attacco che ha ucciso il cameraman Samer Abu Daqqa.

Dall’inizio della guerra il 7 ottobre 2023, secondo l’ufficio stampa del governo di Gaza, Israele ha ucciso 237 giornalisti; il CPJ ne documenta almeno 186. Israele nega di prendere di mira deliberatamente i reporter e vieta l’ingresso nella Striscia ai giornalisti stranieri.

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