Una commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite ha concluso martedì che Israele ha commesso un genocidio a Gaza e che alti funzionari israeliani, tra cui il primo ministro Benjamin Netanyahu, hanno incitato a tali atti.
La commissione ha portato come prove la portata delle uccisioni, i blocchi degli aiuti, gli sfollamenti forzati e la distruzione di una clinica per la fertilità a sostegno della sua conclusione di genocidio, aggiungendosi così alle voci di organizzazioni per i diritti umani e di altri osservatori che hanno raggiunto lo stesso verdetto.
«Il genocidio è in corso a Gaza», ha dichiarato Navi Pillay, presidente della commissione d’inchiesta sui Territori palestinesi occupati ed ex giudice della Corte penale internazionale.
«La responsabilità di questi crimini atroci ricade sulle autorità israeliane ai più alti livelli, che da quasi due anni orchestrano una campagna genocida con l’intento specifico di distruggere il gruppo palestinese a Gaza.»
Israele ha rifiutato di collaborare con la commissione. La missione diplomatica israeliana a Ginevra ha accusato la commissione di avere un’agenda politica ostile a Israele.
«Israele respinge categoricamente questo rapporto distorto e falso e chiede l’immediata abolizione di questa commissione d’inchiesta», ha dichiarato il ministero degli Esteri in una nota.
L’analisi giuridica di 72 pagine della commissione rappresenta finora la presa di posizione più netta all’interno dell’ONU, ma l’organismo è indipendente e non parla ufficialmente a nome delle Nazioni Unite. L’ONU, infatti, non ha ancora utilizzato il termine genocidio, pur subendo una crescente pressione affinché lo faccia.
Israele è attualmente sotto processo per genocidio presso la Corte internazionale di giustizia (CIG) all’Aia. Respinge tali accuse, invocando il diritto all’autodifesa dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, che secondo le autorità israeliane ha causato 1.200 morti e 251 ostaggi.
Secondo il ministero della Sanità di Gaza, la guerra ha provocato la morte di oltre 64.000 persone, mentre un osservatorio internazionale sulla fame segnala che alcune aree della Striscia si trovano in condizioni di carestia.
La Convenzione ONU sul genocidio del 1948, adottata all’indomani dello sterminio degli ebrei da parte della Germania nazista, definisce genocidio i crimini commessi «con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, in quanto tale». Per configurare genocidio deve verificarsi almeno uno dei cinque atti previsti.
La commissione ha stabilito che Israele ne ha commessi quattro: uccisioni; gravi danni fisici o psicologici; inflizione deliberata di condizioni di vita destinate a portare alla distruzione dei palestinesi, in tutto o in parte; imposizione di misure volte a impedire le nascite.
Le prove addotte includono interviste con vittime e testimoni, medici, documenti open-source verificati e analisi di immagini satellitari raccolte dall’inizio del conflitto.
La commissione ha inoltre concluso che dichiarazioni di Netanyahu e di altri funzionari costituiscono «prove dirette dell’intento genocida». Tra queste ha citato una lettera che Netanyahu scrisse ai soldati israeliani nel novembre 2023, paragonando l’operazione a Gaza a quella che la commissione ha definito una «guerra santa di annientamento totale» descritta nella Bibbia ebraica.
Il rapporto menziona anche il presidente israeliano Isaac Herzog e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant.
Pillay, originaria del Sudafrica e già presidente del tribunale ONU per il Ruanda, dove nel 1994 furono uccise oltre un milione di persone, ha sottolineato i parallelismi tra le due vicende. «Quando guardo ai fatti del genocidio ruandese, li trovo molto, molto simili a questo. Si disumanizzano le vittime, le si definisce animali, e quindi, senza rimorsi, le si può uccidere», ha spiegato.
Sebbene la CIG avesse già fatto riferimento ad altre dichiarazioni israeliane riguardo a Gaza e ai palestinesi nel suo ordine di misure d’emergenza del 2024, non aveva nominato Netanyahu.
«Spero che, grazie al nostro rapporto, anche le coscienze degli Stati possano aprirsi», ha dichiarato Pillay, che andrà in pensione a novembre.