I negoziatori di Hamas in partenza da Doha dovrebbero arrivare al Cairo domenica, prima di spostarsi a Sharm el-Sheikh per partecipare la prossima settimana a colloqui indiretti con la delegazione israeliana. Lo riporta l’agenzia France-Presse (AFP), citando un funzionario che ha parlato a condizione di anonimato.
La fonte ha dichiarato ad AFP:
“Hamas è molto desiderosa di raggiungere un accordo per porre fine alla guerra e avviare immediatamente il processo di scambio dei prigionieri in conformità con le condizioni sul terreno.
L’occupazione non deve ostacolare l’attuazione del piano del presidente Trump. Se l’occupazione ha davvero intenzione di giungere a un accordo, Hamas è pronta.”
Una fonte palestinese vicina a Hamas ha riferito ad AFP che le due delegazioni si troveranno nello stesso edificio, ma lontano dai media.
Ha aggiunto:
“I negoziati mirano a discutere il calendario per predisporre le condizioni sul campo necessarie al trasferimento dei prigionieri detenuti a Gaza, come preludio all’avvio del processo di scambio.”
“Durante le comunicazioni con i mediatori, Hamas ha insistito sul fatto che è essenziale che Israele interrompa le operazioni militari in tutte le aree della Striscia di Gaza, cessi ogni attività aerea, di ricognizione e con droni, e si ritiri dall’interno della città di Gaza.”
“In parallelo alla cessazione delle attività militari israeliane, anche Hamas e le fazioni della resistenza interromperanno le proprie operazioni e azioni militari”, ha aggiunto la fonte.
I colloqui dovrebbero includere anche la discussione delle mappe che Israele dovrà fornire con le rotte e i tempi del ritiro, in coincidenza con il processo di scambio dei prigionieri, ha spiegato la fonte.
Secondo il piano statunitense, Hamas rilascerebbe i restanti 48 ostaggi – circa 20 dei quali si ritiene siano ancora vivi – entro tre giorni. In cambio, rinuncerebbe al potere e si disarmerebbe.
In risposta, Israele cesserebbe l’assalto e si ritirerebbe da gran parte del territorio, liberando centinaia di prigionieri palestinesi e consentendo l’ingresso di aiuti umanitari e, in seguito, la ricostruzione della Striscia di Gaza.