La Ue sospende le (timide) sanzioni contro Israele in un atto di sottomissione a Trump: ed è polemica

L’Unione Europea è stata criticata per aver sospeso le sanzioni contro il governo israeliano in risposta agli sforzi di pace di Donald Trump in Medio Oriente, mentre la fragile tregua rischia di crollare.

La Ue sospende le (timide) sanzioni contro Israele in un atto di sottomissione a Trump: ed è polemica
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21 Ottobre 2025 - 11.40


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L’Unione Europea è stata criticata per aver sospeso le sanzioni contro il governo israeliano in risposta agli sforzi di pace di Donald Trump in Medio Oriente, mentre la fragile tregua rischia di crollare.

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Dopo l’incontro di lunedì con i ministri degli Esteri dell’Ue, l’Alto rappresentante per la politica estera, Kaja Kallas, ha annunciato una pausa nei procedimenti per sospendere il trattamento commerciale preferenziale con Israele e per introdurre sanzioni contro i responsabili dell’escalation del conflitto su entrambi i fronti.

Kallas ha spiegato che il contesto è mutato rispetto al mese scorso, quando le misure erano state proposte. Pur riconoscendo “vedute divergenti” tra i Ventisette, ha dichiarato: “Non procediamo con le misure, ma non le ritiriamo nemmeno dal tavolo, perché la situazione resta fragile.”

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Due ex alti funzionari europei hanno criticato la decisione di non andare avanti con le sanzioni.

Sven Kühn von Burgsdorff, già rappresentante dell’Ue nei Territori palestinesi, ha affermato al Guardian che Kallas “ha perso di vista il punto essenziale” della responsabilità legale: “Le sanzioni non servono solo a spingere una parte terza a modificare il proprio comportamento. Le misure restrittive sono strumenti che l’Ue si è data per reagire alle violazioni del diritto europeo e internazionale.”

Nel giugno scorso l’Ue aveva concluso che Israele avesse violato gli obblighi in materia di diritti umani previsti dall’accordo di associazione che regola gli scambi e la cooperazione tra le due parti. Secondo diversi giuristi, Bruxelles deve inoltre conformare la propria politica al parere della Corte internazionale di giustizia del 2024, che chiede a Israele di porre fine quanto prima all’occupazione dei Territori palestinesi.

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Burgsdorff è tra i promotori di un appello firmato da 414 ex diplomatici e funzionari europei, che la settimana scorsa hanno sollecitato un’azione “decisa contro sabotatori ed estremisti di entrambe le parti”, colpevoli di mettere a rischio “la nascita di un futuro Stato palestinese”.

Il documento accoglie con cautela il piano di Trump, pur osservando che la questione dell’autodeterminazione palestinese vi è trattata solo “in modo vago”.

Nathalie Tocci, già consigliera di due alti rappresentanti Ue per la politica estera, ha definito la rinuncia alle sanzioni “il peggiore degli esiti possibili”:
“Proprio ora sarebbe necessario mantenere la pressione. Tutti sappiamo che non è affatto scontato che il piano venga davvero attuato,” ha dichiarato al Guardian, ricordando che la prima fase del progetto di Trump è già segnata da violenze e da un’intensa attività diplomatica per salvare l’accordo.

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“Temo che i governi e le istituzioni europee stiano tornando ai vecchi schemi,” ha aggiunto.

I leader dell’Ue discuteranno del conflitto israelo-palestinese al vertice di giovedì. L’Europa resta profondamente divisa: da un lato i Paesi più vicini alla causa palestinese, come Spagna e Irlanda; dall’altro gli alleati del governo nazionalista di Benjamin Netanyahu, come Ungheria e Repubblica Ceca.

Le imponenti manifestazioni contro le vittime e le sofferenze di Gaza, esplose in molti Stati membri, avevano spinto la Commissione europea a proporre la sospensione del commercio preferenziale e sanzioni individuali contro chi alimenta il conflitto da entrambe le parti.

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Fonti interne all’Ue respingono però la critica ricorrente secondo cui Bruxelles sarebbe “un pagatore, non un attore” in Medio Oriente. L’Unione è infatti il principale donatore dei palestinesi – con 1,5 miliardi di euro di aiuti umanitari dal 7 ottobre – ma troppo divisa per avere reale influenza politica.

I funzionari europei ritengono che l’Ue debba essere rappresentata nel “Consiglio per la pace” voluto da Trump, vista la probabile partecipazione europea alla ricostruzione di Gaza, i cui costi sono stimati in 70 miliardi di dollari. Si auspica inoltre il coinvolgimento dei Paesi del Golfo nel finanziamento dell’operazione.

In un documento riservato visionato dal Guardian, l’Ue accoglie il piano Trump ma sottolinea che il ruolo dell’Autorità nazionale palestinese e la prospettiva dei due Stati “potrebbero essere ulteriormente chiariti”. Il testo osserva inoltre che il piano “non affronta la situazione in Cisgiordania”.

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Burgsdorff ha insistito sull’importanza di un ruolo attivo dell’Unione: “Dobbiamo colmare le lacune del piano Trump, affrontare la questione degli insediamenti in Cisgiordania e definire un percorso credibile verso la soluzione dei due Stati.”

Ha poi invocato “un mandato Onu solido, che consenta alla comunità internazionale di schierare forze di sicurezza per garantire la stabilità nella Striscia di Gaza.” L’Egitto dovrebbe guidare tale forza, affiancato da contingenti di Turchia, Indonesia e Azerbaigian.

I leader europei, che hanno elogiato il ruolo di mediazione del Cairo, incontreranno mercoledì a Bruxelles il presidente egiziano Abdel Fatah al-Sisi.

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“L’Ue ha l’opportunità di dimostrare al mondo di non essere più soltanto un finanziatore,” ha concluso Burgsdorff. “Serve più ambizione politica.”

Claudio Francavilla, direttore associato per l’Ue di Human Rights Watch, ha infine accusato i governi europei di continuare a proteggere Israele da ogni forma di responsabilità:
“L’unica cosa che è cambiata, finora, è la scala e l’intensità dei crimini commessi a Gaza. Ma l’occupazione illegale, l’apartheid, gli sfollamenti forzati, le torture e l’oppressione dei palestinesi continuano senza sosta.”

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