Ben-Gvir è il ministro del sadismo di Israele. Il degno erede del fascista Meir Kahane. A ricordarlo sono tre importanti contributi su Haaretz.
Scrive Odeh Bisharat: “Il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir è al centro di una campagna che vuole metterlo in imbarazzo e ridicolizzare il suo comportamento. Lo chiamano “il ministro di TikTok”. Che divertente, da morire dal ridere.
Ma TikTok è per i giovani. È una app che non è seria, ma piena di video divertenti, giochi, imitazioni e canzoni. Qual è quindi il legame tra un ministro che si vanta di quante case dei cittadini arabi del Paese ha demolito e i valori giovanili? Qual è il legame tra un ministro che distribuisce personalmente gli avvisi di demolizione delle case, che sono come un colpo mortale per le famiglie arabe in difficoltà, soprattutto nel Negev, e l’allegria di TikTok?
C’è un altro soprannome divertente che potremmo dare a questo simpatico ministro: “Ministro delle pite” sarebbe più adatto allo scopo di renderlo oggetto di derisione e risate. Le pite, ovviamente, evocano sentimenti di casa e di calore. L’aroma delle pite appena sfornate stuzzica l’appetito per un succulento shawarma con amba o spiedini di carne di agnello con insalata e tahini. E, naturalmente, non dimentichiamo l’ottimo falafel.
Qual è il legame tra i prigionieri palestinesi che, secondo quanto riportato dalle organizzazioni palestinesi, vengono deliberatamente affamati da Ben-Gvir, e il pane pita che stimola l’appetito e dà calore e sazietà?
I politici, i personaggi dei media e gli opinion leader in Israele trattano questo sadico come se fosse qualcosa di leggero e scherzoso. Quanto è carino quest’uomo dal viso da bambino che affama i prigionieri palestinesi? Ridete mentre li incatena per lunghe ore fino a far loro atrofizzare gli arti e li minaccia con la pena di morte che li attende a breve. Questo tizio è davvero esilarante.
E qui, all’interno dello Stato di Israele, oltre alla demolizione delle case, che è il suo programma di punta, si vanta anche di abbassare il volume del muezzin. Applausi. Umilia i leader arabi. Gli attivisti arabi sono il bersaglio degli interrogatori della polizia (alcuni hanno raccontato di torture) che, dopo alcune settimane da incubo, vengono rilasciati, senza altro scopo che quello di renderli oggetto del sadismo del ministro e dell’organizzazione che dirige.
E non si tratta solo degli arabi. Ben-Gvir arresta anche i suoi oppositori ebrei, il cui unico crimine è quello di denunciare il comportamento di questo governo. Altri vengono lasciati per lunghi giorni in prigione in condizioni difficili, perché hanno osato manifestare davanti alla casa del primo ministro Benjamin Netanyahu.
Quindi, Ben-Gvir non è il ministro delle pite, è il ministro della fame di Israele, il ministro del sadismo. L’opposizione non fa nulla al riguardo e, a volte, alcuni sono entusiasti sostenitori dei suoi orribili progetti. Ben-Gvir si diverte ad abusare di coloro che sono sotto la sua protezione e non ha alcun freno morale. “Umanità” per lui è una parolaccia e non fa parte della sua personalità.
Ai bei vecchi tempi, quando parlavamo delle dure torture praticate dai regimi arabi, c’era chi diceva che anche in Israele le persone erano soggette a torture. Ero d’accordo con loro, ma ritenevo che le torture non fossero allo stesso livello di quelle dei regimi arabi assetati di sangue.
Oggi lo Stato di Israele si è abbassato allo stesso livello dei regimi arabi, ma c’è una differenza: lì non c’è democrazia e la gente si oppone al regime. Lì, il cuore della gente si oppone alla brutalità del regime, ma ha paura di parlare per non finire nell’inferno delle prigioni. Qui, la maggior parte dell’opinione pubblica sembra essere a favore della tortura. Ecco perché nessuno si oppone apertamente, e se lo fa, è sotto forma di umorismo che ignora l’orrore che traspare dagli occhi dei prigionieri, così magri da essere quasi irriconoscibili.
L’uomo emaciato, che ora pesa quanto un bambino, in piedi accanto al mostro imbottito di pane pita ripieno di ogni sorta di prelibatezze, è davvero Marwan Barghouti?”.
Ho detto a Ben-Gvir che è razzista e kahanista. Allora perché mi hanno arrestato?
Emblematico è il racconto-testimonianza di Alec Yefremov: “All’inizio della scorsa settimana, sono entrato nella mia classe di educazione civica del 12° anno alla Gymnasia Herzliya High School di Tel Aviv e ho scritto alla lavagna: “Libertà di parola”. Ho spiegato ai miei studenti che questo è il valore più importante in una democrazia, un diritto fondamentale, forse il più importante di tutti i diritti umani, e che qualsiasi restrizione deve essere imposta con la massima cautela, seguendo le regole stabilite dalla legge e dai tribunali.
È un diritto senza il quale non ci possono essere proteste o opposizione al governo, ho detto. E senza opposizione, ogni governo è destinato a diventare una dittatura.
Chi avrebbe mai immaginato che la parte pratica di quella lezione si sarebbe svolta solo due giorni dopo a Gerusalemme, quando ho esercitato proprio il diritto di cui stavo parlando. Sono andato con mio padre alla cerimonia di laurea di mia sorella all’Università Ebraica. Lì abbiamo scoperto che c’era anche il ministro dell’estrema destra Itamar Ben-Gvir, che festeggiava la laurea di sua moglie. Gli ho urlato che è un razzista, un kahanista, responsabile della morte di tanti ebrei e arabi, che idolatra l’assassino Baruch Goldstein.
Ma a quanto pare, nella democrazia chiamata Israele, se scegli di usare il tuo diritto di protestare contro un ministro e la polizia che lo circonda, potresti finire ammanettato e trascinato con la forza in una cella di detenzione, spogliato e umiliato.
In questa democrazia, il tuo grido ti porterò in una sala interrogatori, dove due investigatori ti urleranno contro, ripetendo le tue parole al ministro, e ti faranno la ramanzina dicendoti che “c’è una differenza tra protestare e imprecare”. Ti interrogheranno su ciò che hai detto, anche se non hai messo in pericolo né ferito fisicamente nessuno. Le tue parole hanno offeso la dignità del ministro e quella dei poliziotti che lo circondavano. Si sono sentiti offesi. E per questo sei in arresto. Un criminale.
Non ho l’abitudine di ingannare i miei studenti o di vendere loro un’immagine falsa della realtà. Quando ho iniziato a insegnare loro, ho detto che, a mio avviso, lo Stato di Israele si è allontanato anni luce dal principio democratico fondamentale della libertà di parola e che la visione non corrisponde più alla realtà. Secondo il mio programma didattico, avrei dovuto portare esempi recenti per illustrare questo concetto. Alla fine, non ho dovuto cercare molto lontano.
Il regime israeliano sta tradendo, nel modo più profondo, le basi insegnate nella prima lezione di educazione civica: l’unica giustificazione per l’esistenza di qualsiasi Stato democratico è la protezione dei diritti dei suoi cittadini. Il regime attuale fa il contrario: calpesta i diritti umani per la propria sopravvivenza. In quanto tale, non ha alcun diritto di esistere. Non è un caso che produca guerra, razzismo e morte costanti, le materie prime di una dittatura. Ed è naturale che il ministro responsabile della repressione del dissenso sia fatto della stessa pasta.
Insegnare educazione civica sotto una dittatura è un po’ come fare la guida in un museo. Ma a volte, per caso e senza pianificarlo, la realtà ti dà l’opportunità di smascherare l’assurdo, attraverso un semplice atto civico, di togliere la maschera dal bluff e di dare l’allarme. Perché se noi, gli educatori, non lo facciamo, che senso ha entrare in classe?”, conclude Yefremov.
Sono persone come lui i veri eroi d’Israele.
Il memoriale di Kahane ci ricorda i peccati del passato e del futuro”
Ovvero, il passato più tragico che ingabbia Israele e ne ipoteca il futuro.
Ne scrive, sempre sul quotidiano progressista di Tel Aviv, Pasit Siach.
L’autrice è una rappresentante del kibbutz Ma’aleh Gilboa.
“La data ebraica del 35° anniversario dell’omicidio di Meir Kahane è caduta quest’anno di domenica. Negli ultimi anni, il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir ha partecipato con grande attenzione alle commemorazioni di Kahane. Ci sono sempre stati e ci saranno sempre estremisti violenti come lui e Kahane. Ma il cambiamento degli ultimi anni nell’atteggiamento nei confronti di Kahane da parte dell’opinione pubblica israeliana in generale e della comunità sionista religiosa in particolare è preoccupante.
All’inizio degli anni ’80, l’allora primo ministro Menachem Begin ha approvato la detenzione amministrativa di Kahane – detenzione senza processo – per diversi mesi. Qualche anno dopo, Kahane è stato eletto alla Knesset, ma la maggior parte degli israeliani ha continuato a considerarlo illegittimo.
I membri del partito di destra Likud di Begin lo boicottavano e lasciavano l’aula durante i suoi discorsi. Anche la Knesset ha cercato di frenarlo impedendogli di presentare progetti di legge discriminatori che, ad esempio, specificavano che solo gli ebrei potevano essere cittadini israeliani, istituivano spiagge separate per ebrei e arabi e proibivano i rapporti sessuali tra ebrei e arabi, con sanzioni per i trasgressori.
In realtà fu la Corte Suprema, guidata all’epoca da Aharon Barak, a ordinare che a Kahane fosse consentito presentare proposte di legge. Nella sua sentenza, Barak affermò che i disegni di legge di Kahane “evocano ricordi orribili” e potrebbero violare il carattere democratico di Israele, ma insistette sul fatto che “abbiamo il potere di difendere rigorosamente lo Stato di diritto e la costituzionalità del nostro sistema di governo, anche quando ciò significa consentire l’espressione di opinioni che ci ripugnano”.
La comunità sionista religiosa si è sempre opposta alle opinioni razziste e offensive. Un esempio lampante di questo è una lettera inviata dal rabbino Tzvi Yehuda Kook, figlio dell’ex rabbino capo Abraham Isaac Kook e principale rabbino sionista religioso del suo tempo, in cui rimproverava il preside di una scuola i cui studenti avevano molestato un arabo per strada. Ecco un estratto di quella lettera:
“Questa mattina, mentre passeggiavo vicino alla scuola… ho visto che tra il gruppo di bambini che uscivano da scuola, alcuni di loro hanno fatto del male… danni fisici e gravi provocazioni, a venditori ambulanti arabi… Mi è dispiaciuto molto e mi sono vergognato per quello che ho visto.
“Questo fatto, che come ho detto mi ha addolorato e offeso, mi ha spinto a dirti che bisogna dedicare un’attenzione speciale e maggiore all’educazione per evitare che cose del genere succedano, sia per gli insegnamenti dell’ebraismo e della morale, sia per il valore pratico, comunitario e politico di mantenere rapporti pacifici e di buon vicinato”.
Gli studenti del rabbino Tzvi Yehuda Kook sono stati per anni i leader della parte più rigorosamente osservante della comunità sionista religiosa e lo sono ancora oggi: i rabbini Shlomo Aviner, Yaakov Ariel, Dov Lior, Zvi Israel Tau, Oury Cherki ed Elyakim Levanon. Ma è difficile immaginare che qualcuno di loro possa scrivere una lettera del genere oggi.
Come Kahane, Ben-Gvir è stato considerato illegittimo per anni. Si è candidato quattro volte alla Knesset e non è mai riuscito ad entrarvi. Il primo a legittimarlo è stato il rabbino Rafi Peretz, che all’epoca era a capo del partito Jewish Home, una successiva incarnazione del Partito Nazionale Religioso.
Certo, Peretz ha fatto marcia indietro all’ultimo minuto e ha annullato la loro candidatura congiunta, impedendo così a Ben-Gvir di entrare nella Knesset quella volta. Ma la sua approvazione iniziale ha rappresentato un cambiamento radicale rispetto al boicottaggio in atto fino a quel momento.
Il sigillo finale di approvazione per avere un rappresentante del kahanismo alla Knesset è stato dato dal primo ministro Benjamin Netanyahu. Per evitare di perdere voti a destra, ha fatto pressione sul presidente del partito Sionismo Religioso Bezalel Smotrich affinché formasse una lista comune con Ben-Gvir. Ma anche i canali televisivi hanno una grande responsabilità nella normalizzazione del kahanismo e del movimento di Ben-Gvir.
Ben-Gvir dice di essere diverso da Kahane. Ma il fatto che partecipi ogni anno alla cerimonia commemorativa mostra che si identifica con Kahane e le sue idee.
Anche le sue altre azioni parlano da sole, o meglio, la sua mancanza di azione. Durante il suo mandato come ministro della Sicurezza nazionale, la comunità araba è stata abbandonata e lasciata senza protezione. Il numero di omicidi in quella comunità è più che raddoppiato e solo il 10% dei casi è stato risolto.
Esorto la comunità religiosa, di cui faccio parte, a far sentire la propria voce e a dire chiaramente che rinunciamo al razzismo e alla discriminazione e che ci impegniamo a favore dell’uguaglianza per tutti i cittadini israeliani, in particolare le minoranze. In questo contesto, i residenti del blocco di insediamenti di Gush Etzion meritano un plauso per aver condannato la crescente violenza contro i palestinesi. Recentemente hanno pubblicato un’importante lettera aperta che recita quanto segue:
“Noi, residenti di Gush Etzion che amiamo la Terra di Israele, riteniamo impossibile rimanere in silenzio di fronte alla violenza che è stata recentemente commessa a Gush Etzion su base quotidiana contro i nostri vicini arabi: incendi di case, incendi di auto, distruzione di proprietà, danni alle greggi di pecore e violenza fisica contro bambini, donne e uomini. Queste azioni violano la legge, la moralità e la halakha. … Chiediamo ai rabbini, ai personaggi pubblici e ai residenti della zona di unirsi a noi in una dichiarazione chiara che condanni pubblicamente e senza mezzi termini questi atti”.
Dobbiamo cacciare gli estremisti e i razzisti tra di noi, perché il loro comportamento è illegale, immorale e non ebraico. Come primo passo, dovremmo chiarire che consideriamo inaccettabile che alcuni dei volantini distribuiti nelle sinagoghe durante lo Shabbat abbiano deciso lo scorso Shabbat di pubblicizzare la commemorazione di Kahane con il titolo “Un invito d’onore alla commemorazione in onore del 35° anniversario”. Non c’è alcun onore in questo evento.
La comunità sionista religiosa ha il potere di cambiare le cose eliminando il kahanismo dalle nostre vite e Ben-Gvir dalla Knesset alle prossime elezioni. Se ci riusciamo, sarebbe un grande modo per rimediare ai nostri errori del passato. Anzi, non sarebbe esagerato dire che così facendo porteremmo la redenzione al mondo”, conclude Siach.
Parole sante…
