La situazione umanitaria nei territori palestinesi occupati continua a deteriorarsi rapidamente, come confermano i dati più recenti diffusi dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari. Il quadro che emerge dal nuovo rapporto è quello di una crisi profonda, segnata da demolizioni, violenze dei coloni, operazioni militari su vasta scala e un numero crescente di sfollati, in particolare nei campi profughi del nord della Cisgiordania.
Secondo le Nazioni Unite, dall’inizio dell’anno oltre 1.500 palestinesi hanno perso la casa a causa delle demolizioni legate alla mancanza di permessi edilizi, autorizzazioni che per i palestinesi sono quasi impossibili da ottenere. Di questi, circa mille vivono nell’Area C, la zona sotto pieno controllo israeliano, mentre altri cinquecento risiedevano a Gerusalemme Est occupata. A questo si aggiunge la devastazione prodotta dalle recenti operazioni militari: immagini satellitari mostrano che oltre 1.460 edifici sono stati distrutti o danneggiati nei campi profughi di Jenin, Nur Shams e Tulkarem, luoghi che da mesi sono al centro delle incursioni israeliane.
Il rapporto mette in luce anche l’aumento della violenza dei coloni israeliani, una delle dinamiche più preoccupanti di questa fase. Dall’inizio della stagione della raccolta delle olive, il periodo più delicato per molte comunità agricole palestinesi, l’ONU ha documentato 167 attacchi riconducibili a gruppi di coloni, che hanno colpito 87 comunità in diversi punti della Cisgiordania. Questi episodi includono aggressioni fisiche, incendi di terreni, furti del raccolto e attacchi contro proprietà e veicoli.
Il bilancio delle vittime continua a crescere. Tra il 4 e il 10 novembre, le forze israeliane hanno ucciso quattro palestinesi, tra cui tre minorenni, sia in Cisgiordania che a Gerusalemme Est. Da gennaio, sono 45 i bambini palestinesi uccisi dai militari israeliani, pari a circa il 23 per cento del totale dei palestinesi uccisi nella regione nel corso dell’anno.
Le operazioni condotte dall’esercito nei campi profughi del nord della Cisgiordania stanno inoltre generando la più grave crisi di sfollamento dal 1967. I dati dell’UNRWA indicano che, fino a settembre, almeno 31.919 rifugiati palestinesi sono stati costretti a lasciare le proprie abitazioni nei campi di Jenin, Nur Shams e Tulkarem e nelle aree circostanti. Una cifra impressionante che riflette l’intensità e la durata delle operazioni israeliane, spesso accompagnate da bombardamenti, demolizioni su larga scala e restrizioni alla circolazione.
Il quadro complessivo descritto dall’ONU è quello di una crisi che si approfondisce, in cui demolizioni, violenza dei coloni e operazioni militari si combinano per produrre livelli di instabilità e sofferenza senza precedenti negli ultimi decenni. Una realtà che continua a colpire soprattutto civili, famiglie, rifugiati e bambini, in un territorio dove l’emergenza sembra ormai essersi trasformata in normalità quotidiana.
